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13 luglio 2009

Piero Fassino e la “Bomba” Grillo

P. Fassino 5

Piero Fassino, riferendosi alla “bomba” della candidatura a segretario del Pd di Beppe Grillo, si rifugia in una inutile frase fatta “non è una cosa seria”.

L’ex segretario dei Ds si sbaglia. E’ il Partito democratico che non è una cosa seria. L’ultimo atto del (presunto) stupratore romano (e le polemiche conseguenti), dimostrano lo stato di un partito allo sbando, in decomposizione. Grillo non è Pannella e darà seguito alla sua provocazione: mettergli il veto, non dargli la tessera, è quello che il comico vuole. Sarà come buttare benzina sul fuoco, un roteare di sciabole sul nulla. Il nodo vero resta uno solo: il fallimento del Pd. Partito nella tenaglia della debolezza politica che genera altre debolezze. Dalla debolezza politica nasce la commistione fra potere , partito, affari, nasce la questione morale, cui l’ultimo atto dello stupratore romano è “solo” una scheggia impazzita.

Non c’è nessun cambio di passo in questa fase precongressuale. E nessun cambio di passo ci sarà al congresso. Le ripetute debacle elettorali sono state catastrofi annunciate, frutto di leadership inesistenti, di scelte politiche sbagliate, di una situazione di paralisi, smottamento e smarrimento.Il trasformismo, riprovevole sotto l’aspetto etico, è uno dei mali del partito che ovunque ha rotto l’antico radicamento politico e sociale e anche nelle regioni rosse ha evidenziato una gestione del potere sempre più paternalistica e burocratizzata.

Così è passata fra la gente, anche nei ceti per decenni serbatoio di voto della sinistra, la logica del “sono tutti uguali”. La gente non ha votato Pd e si allontana dal Pd perché ritiene che questo Pd non la rappresenta e non è credibile, sentendosi addirittura traditi. Il retaggio di antiche “appartenenze” ideologiche, le nuove divisioni per spartirsi le rimanenti leve del potere, alimentano nel partito nuove lacerazioni, creando ulteriore delusione e sconcerto nella base. La capacità e la volontà di un confronto sui grandi temi politici e istituzionali e sul grande progetto riformista, si sono liquefatti sotto i colpi di una classe dirigente che ha raccolto, non solo in tema di corruzione e clientele, il peggio del peggio dei singoli partiti di provenienza. E queste sono oggi le conseguenze. Il pesce puzza dalla testa.

Siamo all’ennesimo tentativo che evoca l’ennesimo fallimento. Come è possibile procedere a una rifondazione politica, culturale, morale e di valori rinnovando subito e nel profondo uomini, idee e metodi? Tutt’al più si ripulirà la superficie, nascondendo la polvere sotto il tappeto e tirando a campare ancora un po’.

Il 25 ottobre 2009, dunque, anche Beppe Grillo sarà della partita, partecipando a quello che sembra diventato il secondo lo sport nazionale dopo il calcio: candidarsi alla segreteria del Pd.